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INNOCENTE SALVINI

Innocente Salvini

(Trevisago di Gemonio, Varese, 1889 ~ 1979)

Innocente Salvini nasce nel Mulino in contrada del Castellazzo di proprietà della famiglia, sul confine tra Gemonio e Cocquio Trevisago (VA). Terminati gli studi nelle scuole locali nel 1910 si reca per due anni a Milano dove frequenta i corsi di decorazione all’Umanitaria e quelli di disegno all’Accademia di Brera. Tornato alla casa paterna, nel suo mulino, Salvini vi rimane a lavorare fino alla morte. Amico di Luigi Russolo e frequentatore della Famiglia Artistica di Milano, fu sempre in relazione con gli ambienti artistici della sua epoca, pur restandone timidamente ai lati. Nel 1949 espone a Rovereto presentato dal futurista Russolo. Nel 1950 era presente con sue opere alla XXV Biennale di Venezia; nel 1966 Monsignor Macchi, segretario di Paolo VI, acquista sue opere per la collezione d’arte contemporanea dei Musei del Vaticano e nel 1968 viene ricevuto in udienza dal Santo Padre.

Realizza in quegli anni ad Arcumeggia e a Laveno alcuni affreschi. Negli anni settanta Varese e Milano gli dedicano importanti mostre ed anche dopo la sua scomparsa numerosi sono stati i momenti di riconoscimento della sua arte, tra cui l’esposizione alla Permanente di Milano nel 1992, ultima grande retrospettiva.   


Seguono citazioni da scritti inediti di Innocente Salvini, trascritti da Roberto Molinari durante la ricerca per la realizzazione della proiezione per il centenario del pittore, nel 1989. Vengono riportati - con anche eventuali errori di scrittura - alcuni brani capaci di illustrare le dinamiche interiori degli artisti dell’epoca e il contesto socio-culturale.
§ Illustrissimo prof. Palucchini, posso sperare in un invito alla Biennale? (…) nella mia interpretazione del vero vedo tutto acceso e sento che brucia di colore e con questa mia sensibilità opero. Si fan citazioni…Van Gogh, Goghen (sic)…Io non conosco nessuno, so che Goghen ha fatto tremila miglia per impostare la sua pittura, io io nella mia isola boscosa ho tremila pensieri che mi tormentano (…). (1947)
§ Per essere pittore bisogna sentire il colore oltre vederli; sentirli come una musica: è proprio così: è un filtro una distillazione continua. (1948)
§ (…) quando vedo le opere d’arte dei classici le ammiro secondo la loro visione e mi ambiento mi accosto per avere impulso: ma penso che l’arte non finisca li e che si possa dare non plus ultra. Nel mio cerchio di vita ristretta qui ai Mulini Solitari è un continuo rinnovarli di realtà naturali colore di poesia sotto mutamenti indefiniti. Come un ordigno radio ricevente, cerco di riflettere, la natura, le cose e immagini coi miei mezzi e rivendico il diritto alla mia più sconfinata libertà. Non imito nessuno cerco di esprimermi con un mio linguaggio e con la mia emozione e la tecnica che mi sono conquistato come un artigiano conquista il mestiere coll’esercizio del lavoro.  (1949)
§ Illustrissimo Leonardo Borgese (…), siamo in tempo di radio e di atomica, è vero, ma io penso impossibile fare un’arte altrettanto nuova, radicale, alla stessa stregua di queste scoperte fisiche. L’arte espressione spirituale, nella nostra Italia, ha già raggiunto altezze sublimi secoli prima di queste scoperte, nostro retaggio al quale tutto il mondo guarda. (…) Capodanno (1952)